– di Gianluca Montinaro
Bollinger è una delle maison storiche della Champagne, ed è certo anche una fra quelle con il carattere più marcato e dall’identità assai riconoscibile. Da sempre Bollinger ha puntato sulla ‘cesellatura’ estrema del Pinot Nero, costruendo la sua fama su una espressività potente e complessa di questa nobile uva: spesso facendo ricorso a lunghi processi di affinamento e a una controllata ossidazione. Questa enfatizzazione del Pinot Nero ha dato vita, nel corso di quasi duecento anni, da una parte alla costruzione di una proprietà viticola eccezionale (benché Bollinger sia un NM, négociant manipulant, la maggior parte delle uve giungono da vigneti di proprietà), dall’altra a un patrimonio di vin de reserve immenso, e dall’altra ancora a etichette mitiche, che hanno segnato in modo indelebile la storia dello Champagne e che tracciano oggi la rotta per i tanti che cercano, senza riuscirci, di emulare la maison di Aÿ. La Special Cuvée rimane, in assoluto, uno dei migliori Champagne ‘base’ che si possano bere, così come la Grande Année (en blanc e en rosé) si conferma fra i più straordinari millesimati. È poi con R.D. (Récemment Dégorgée) che si svela la stoffa del campione nel mondo dei lunghi affinamenti. Come è con La Côte aux Enfants (dalla parcella omonima di Aÿ, vinificata sia in versione bollicina, sia en rouge fermo) che si mostra la capacità di lavorare in modo sublime sul singolo cru.
Ed è proprio per intrecciare le conoscenze sul Pinot Nero, lo ‘studio’ sulle potenzialità del cru, le capacità nell’uso dei vin de reserve che è nata, nel 2015, l’etichetta PN (ovvero Pinot Noir). PN non è uno Champagne millesimato ma un ‘ibrido’, e la sua specificità risiede nel fatto che non è il medesimo assemblaggio di cru a essere riproposto anno dopo anno, ma il cru migliore (con altri a contorno, e un 50% di vin de réserve dei medesimi cru), secondo un’idea di ‘interpretazione’ nello spazio e nel tempo, più che di ‘reiterazione’. Nel 2015 e nel 2016 è stato il Pinot Noir di Verzenay a far da padrone. L’anno successivo è stato il turno delle uve di Tauxières, mentre nel 2018 PN ha ‘parlato’ il linguaggio di Aÿ. L’annata 2019, che si è segnalata per le temperature miti, ha segnato il ritorno di Verzenay (con apporti da Aÿ, Tauxières, Mutigny e Louvois). Le uve, come nello stile Bollinger, hanno fermentato in legno: parte in barrique e parte in pipe da 410 litri, e sono quindi state miscelate a vini del 2018 fermentati in acciaio e del 2009 affinati in magnum a un quarto di mousse (scelta che esalta l’intensità aromatica del vino). Dopo quattro anni sui lieviti, e un dosaggio a 6 g/l, PN VZ 19 si presenta al naso con accattivanti profumi di agrumi canditi, ribes e litchi, con note speziate che ricordano il pepe bianco e la vaniglia e con soffici sentori tostati. Al sorso sfodera grande classe e compostezza: una freschezza ben dominata dalla struttura e una salinità crayeuse ben affinata lo rendono profondo ed espressivo. La grana della bollicina è cremosa e la lunghezza di grande equilibrio e pulizia.
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