– di Gianluca Montinaro
Si è spento, mercoledì 22 gennaio, all’età di ottantaquattro anni, Lorenzo Viani. Pubblichiamo qui il ricordo che è stato letto durante le esequie, tenutesi due giorni dopo a Viareggio, presso la Chiesa di San Giovanni Bosco.
Per Lorenzo
C’è gioia nel ricevere. C’è soprattutto – lo ricorda san Paolo, negli Atti – «gioia nel dare». Lorenzo tanto ha ricevuto. Ma soprattutto tanto ha dato. E noi tutti che siamo qui, ché gli volevamo bene – ché gli vogliamo bene! – ben lo sappiamo. Perché tanto da lui abbiamo ricevuto. Molto probabilmente più di quello che gli abbiamo dato… La generosità era uno dei tratti distintivi di Lorenzo. E non era una generosità pensata. Ma istintiva e connaturata. Perché era il suo modo di aprirsi agli altri: era il suo modo di presentarsi e di stabilire un contatto.
Io l’ho conosciuto così, quasi vent’anni fa. Ero poco più di un ragazzo, con una grande passione per il mondo della ristorazione e della cucina. Ricordo bene quando, con un po’ di timore, per la prima volta ho varcato la soglia del suo locale, in Via Carducci, a Forte dei Marmi. Ricordo tutto di quella sera. Ricordo soprattutto la sua generosità: il ristorante era pieno, tanti gli amici e gli habitué. Però Lorenzo quella sera passò tanto del suo tempo al mio tavolo. Forse all’inizio fu incuriosito che uno sconosciuto ventenne andasse lì, da solo, a cena. Ma alla curiosità subentrò subito il piacere di ‘darsi’: di raccontare dei suoi pesci e dei suoi crostacei. E quindi della sua passione per il mare. E poi della sua carriera di ristoratore. E infine, quando gli feci capire che conoscevo l’opera dell’illustre prozio, si mise a parlare di Lorenzo Viani e di arte. Chiacchierammo, chiacchierammo per ore, come se ci conoscessimo da anni. Andai via che erano quasi le due del mattino, ultimo ospite a lasciare il ristorante. Con un regalo – che conservo gelosamente – la raccolta poetica di Franco Viani (che Lorenzo aveva fatto stampare) e una promessa: che sarei tornato a trovarlo presto.
Tante, tantissime volte sono poi tornato a trovarlo in tutti questi anni. Cementando un rapporto che è diventato amicizia. Con lui. E poi con Chiara, e quindi in questi ultimi anni con Matteo e la piccola Gemma.
Come tutti voi conservo tanti ricordi e aneddoti, alcuni simpatici, sin anche buffi, della mia amicizia con Lorenzo. Ma c’è un aspetto che vorrei sottolineare: che io, come penso tutti coloro che gli hanno voluto bene, ero affascinato da Lorenzo. Perché in fondo ognuno di noi avrebbe voluto essere, almeno un po’, Lorenzo Viani! Il «principe acheo» – come era soprannominato da giovane – con la sua vita variegata, piena, molteplice…
Padre. Nonno. Marito. Ristoratore… e prima ancora bagnino e calciatore. Lorenzo, fin da ragazzino, è vissuto in mezzo alle persone. Con il piacere, la passione, di stare in mezzo alle persone. Di voler bene. Di farsi voler bene.
Ma a questo suo desiderio di apprezzare e farsi apprezzare è legato un altro aspetto del carattere di Lorenzo: la sua grande determinazione. Determinato da giovane, quando intraprende la carriera nel calcio professionista, dove si fa notare per la sua bravura e la sua passione. Determinato quando, subito dopo il servizio militare, grazie alla zia Tita Borghigiani, entra nel mondo dell’hôtellerie e della ristorazione: Firenze, Cervinia, Venezia… e poi la decennale esperienza a Viareggio. Determinato e coraggioso quando, nel 1975, apre il suo primo ristorante: Il Sole Verde, a Camaiore, riscuotendo subito grande successo. E ancora più determinato quando, nel 1981, dà il via – insieme alla moglie Michela – all’avventura di Lorenzo, la trattoria, e poi ristorante, di Forte dei Marmi che lo consacra a un successo e a una notorietà senza pari. Successo e notorietà basati su un elemento: la serietà. Lorenzo non ha mai usato scorciatoie. E tutti noi lo sappiamo. Non importa a che ora la sera prima si fosse coricato. La mattina dopo, alle cinque, Lorenzo era sui moli del porto per gli acquisti di giornata.
Non si può essere grandi, veri ristoratori senza essere anche grandi, veri uomini. In questo lavoro ci deve essere sì serietà, sì puntualità, sì abnegazione, sì rispetto – tutte doti che a Lorenzo non mancavano – ma ci vuole soprattutto passione. Passione per ciò che si fa e per ciò che si è. Per la famiglia e per amici. Per le persone che lavorano con te e per coloro che varcano la tua soglia per sedersi ai tuoi tavoli. E a Lorenzo la passione non mancava. E traspariva in tutto ciò che faceva. Perché Lorenzo aveva la passione per la vita. E questa passione è un lascito, una sorta di eredità: che Chiara e Matteo – ne sono certo – porteranno avanti con capacità e successo.
Ma Lorenzo, oltre a essere un grande ristoratore, uno dei più grandi del nostro Paese, è stato anche altro. La sua passione per il mare: l’elemento che più lo ha formato, e nel quale più si sentiva a suo agio. Dove si rifugiava per passare qualche ora in solitudine: sulla spiaggia a pescare con il rezzaglio, o in barca, per tuffarsi e fare immersione.
E poi la passione per l’arte e la poesia: lui che portava il nome dell’illustre prozio, una delle figure più importanti della cultura italiana del primo Novecento… Una passione che ha coltivato negli anni, e che lo ha portato a conoscere e apprezzare i lavori di tanti importanti artisti.
Lorenzo, fisicamente, non è più qui con noi. E possiamo solo immaginare quanto duri siano stati questi ultimi mesi: per lui che è sempre stato così indipendente ed energico.
Ma, per tutti noi che lo abbiamo conosciuto, per la sua famiglia – Chiara, Matteo, Gemma, Michela… –, per noi suoi amici, Lorenzo è una figura presente, e continuerà a essere presente, tanto è stato importante nelle vite di ognuno di noi. Tanto ci ha dato, e tanto ci ha insegnato. Con generosità. E, con le parole dell’illustre prozio,
«Quando ci rivedremo
il tempo avrà nevicato
sul nostro capo.
Avremo quasi passato
il mare, e sarà il cuore
più sincero e pacato.
Ma non avremo più remo:
io ne l’onda infinita
del sogno, tu, de la vita,
lo avremo infranto».
Ciao Lorenzo!
(Gianluca Montinaro)